I 3 tipi di esperienze che possiamo fare

Anni fa, su questo libro, ho letto che l’autore divideva le sue esperienze in tre categorie:

  • Belle da fare e belle da raccontare.
  • Brutte da fare e belle da raccontare.
  • Brutte da fare e brutte da raccontare.

Nel suo caso ha ristretto l’applicazione di queste categorie a escursioni e trekking, ma in questi anni mi sono accorto che valgono per tutte le nostre esperienze. Andiamo a vederle.

I 3 tipi di esperienze

1 – Belle da fare e belle da raccontare

Possiamo mettere la maggior parte delle esperienze che fai in questa categoria. Sono quelle dentro alla zona di comfort.

La caratteristica principale di queste esperienze è che non richiedono fatica, le fai senza testare i tuoi limiti.

E per questo, non ti fanno crescere.

Non c’è niente di male nelle esperienze belle da fare e belle da raccontare, dovrebbero essere le più comuni nella tua vita. Ma non dovrebbero essere le uniche.

Se pensi alla maggior parte delle cose che fai in una giornata standard, rientrano in questa categoria. Fai colazione, vai al lavoro, guardi la TV, vai a calcetto con gli amici… Eccetera eccetera.

2 – Brutte da fare e belle da raccontare

Queste sono le esperienze che vanno fuori dalla tua zona di comfort. Ti spingono al limite, testano le tue capacità.

Queste esperienze sono brutte da fare perché diciamocelo, non è mai bello uscire dalla zona di comfort. Lo fai perché sai di ottenere qualche beneficio futuro, ma a parità di altre condizioni, ne faresti anche a meno.

Al contrario della prima categoria, non è immediato capire cosa siano queste esperienze. Cosa significa che sono brutte da fare ma belle da raccontare?

Il libro in cui ho letto questa teoria parlava ad esempio di trekking di più giorni, molto lunghi con decine di chilometri da percorrere ogni giorno. Non sono esperienze belle da fare: ci si fa male, si suda, si fa una fatica immonda. Te ne stai per giorni senza il tuo smartphone, al freddo o sotto l’acqua, in mezzo alle zanzare. E oggettivamente, sul divano si sta meglio.

Ma quando torni a casa e racconti la tua avventura gli amici, lo fai con un sorriso stampato sul viso. È la classica esperienza che ti fa dire “sì, ne è valsa la pena”. E dopo un po’, pensi che non sarebbe male rifare una cosa del genere.

Per me, è successo quando ho partecipato alla Rovaniemi 150. Altri partecipanti potranno negare anche fino alla morte, ma dai, fare una gara a piedi di 150 km d’inverno al polo nord non è come fare una passeggiata nel parco. Soprattutto se, come è capitato a me, nevica dall’inizio alla fine…

Ma di questa esperienza ne parlo volentieri, e con gioia. Mi sono divertito a guardare i paesaggi boschivi innevati, scovare impronte di lupo sul sentiero, attraversare interi laghi ghiacciati. È stato faticoso, ma ne è valsa la pena.

Questo principio lo si può applicare ogni volta che esci dalla tua zona di comfort. Fai qualcosa che ti spinge al limite, oltre il tuo limite, e per questo ne esci una persona migliore. E a conti fatti, tutto sommato, guardandoti indietro le rifaresti.

Queste sono quelle che a volte vengono dette “esperienze potenzianti”. Esperienze che ti caricano, ti rendono una persona migliore, e rendono la tua vita più interessante. A ben vedere, sono la chiave per la felicità a lungo termine. Perché una persona, per essere felice, deve sempre superare i propri limiti e mettersi in gioco.

3 – Brutte da fare e brutte da raccontare

Questi sono gli errori. Esperienze che sarebbero dovute rientrare nella seconda categoria, ma qualcosa è andato storto.

“Si impara sempre dagli errori”, dice il detto. Secondo me, è solo una magra consolazione. È vero, ma è meglio non farne di errori.

A volte ti capiterà di fare degli sbagli. Valutazioni sbagliate delle tue capacità, di un’iniziativa che intraprendi, di un lavoro che non ti piace.

L’obiettivo è minimizzare queste esperienze, perché sono quelle che peggiorano la tua vita. Mentre la prima categoria è quella neutra e la seconda è composta da esperienze motivanti e potenzianti, queste sono le esperienze negative.

Restando nel trekking, questo mi è capitato quando una volta mi sono perso in una montagna qui vicino per ore, allungando il trekking ben al di là di quello che la mia scorta d’acqua avrebbe consentito.

Sarebbe dovuta essere un’esperienza bella da raccontare, invece a causa di un mio errore è una di quelle cose di cui non parlo volentieri.

Queste esperienze si dividono in due sotto-categorie: singole e croniche.

Esperienze singole

Queste sono quelle di cui abbiamo parlato finora: è qualcosa che fai, o che succede, che non ti piace né al momento né quando la racconti. Sono cose negative che capitano, e per quanto spiacevoli, tutto quello che puoi fare è imparare dai tuoi errori.

Ma le esperienze più pericolose sono quelle croniche…

Esperienze croniche

Queste sono brutte esperienze che fai regolarmente. Esempi?

Sono le cose che dovresti smettere di fare.

C’è qualcosa che ti fa stare male? Qualcosa che non ti piace, ma che è diventata parte integrante della tua vita? Se fa parte di questa categoria, cerca di eliminarla.

Lo so che a questo punto molti diranno “eh, più facile dirlo che farlo”. Da una parte è vero, dall’altra difficile non significa impossibile.

Il fatto è che queste situazioni di disagio cronico prima o poi arrivano a tutti. Perché facciamo degli errori, perché la vita a volte va così. Non possiamo sempre vincere.

Se non ti purifichi da queste esperienze negative croniche, non faranno che accumularsi. Quindi inizi con qualcosina che non va, e fra qualche anno ti ritrovi con un poco invidiabile bagaglio di negatività.

Come bilanciare i tre tipi di esperienze

Ora che abbiamo ben chiaro cosa siano i tre tipi di esperienze, vediamo come bilanciarle per avere una vita il più possibile equilibrata.

Potresti pensare, dopo aver letto la prima parte, che dovresti cercare di avere solo esperienze della seconda categoria: brutte da fare, ma belle da raccontare. Invece no.

Perché per definizione, queste esperienze non sono rilassanti. Ti drenano, ti stancano. Almeno ogni tanto, devi fermarti per apprezzare quello che hai fatto finora e quanto sei cresciuto. Apprezzare i frutti del tuo lavoro.

Per questo, la maggior parte delle tue esperienze è giusto che siano nella prima categoria: cosa c’è di male nel fare cose che ti piacciono?

Visto che le esperienze che vanno al di là della tua zona di comfort sono stancanti, devi prepararti a farle sia fisicamente che psicologicamente (soprattutto). Per riprendere l’esempio del trekking, io non vado a fare escursioni da 150 chilometri ogni settimana. Quando torno voglio avere un attimo di pausa, e così dovrebbe essere anche per te.

Cerca di muoverti sempre verso un’avventura fuori dalla tua zona di comfort, che ti spinga a dare qualcosa di più. Ma non farne più di una alla volta.

Le esperienze della terza categoria, invece, devi riconoscere e imparare ad evitarle. Idealmente, dovresti usare le esperienze della seconda categoria per crescere, migliorare, e uscire da situazioni di dolore cronico.

Esempi:

  • Andare a fare un colloquio di lavoro.
  • Provare a creare un nuovo gruppo di amici, o parlare alla ragazza che ti piace.
  • Iniziare ad andare in palestra per tornare in forma.

Questi sono i tuoi obiettivi.

Perché una cosa che devi sapere, è che spesso crescere è faticoso, è un’esperienza brutta da fare. Andare fuori dalla zona di comfort e cercare di superare i propri limiti, con la paura di fallire, causa un sacco di stress. Solo quando ti guardi indietro scopri che è stata un’esperienza positiva.

E prima ti rendi conto di questo fenomeno, prima sarai in grado di pianificare meglio il tuo futuro per il lungo termine.