Perché non voto dal 2010 (e non me ne pento)

Nel frattempo, da notare le mie abilità di fotoritocco.
Nel frattempo, da notare le mie abilità di fotoritocco.

Fino a mercoledì 28 luglio 2010 sono stato un attivista politico: manifestazioni, volantinaggio, dibattiti online, TG. Sapevo il nome di tutti i politici di spicco, e le percentuali in cui era suddiviso il parlamento.

Poi mi è venuta l’idea di andare a studiare all’estero e come noto, in Lettonia Rai e Mediaset non prendono (oltre al fatto che, da bravi studenti squattrinati, non avevamo la TV).

Passano 6 mesi, torno in Italia. Per la prima volta guardo un telegiornale e mi chiedo: ma chi me lo fa fare?

Chi me lo fa fare di farmi venire l’ulcera ogni giorno? Di incazzarmi contro la TV? Ho fatto quindi una scelta di vita: al diavolo politica, attualità e tutte le catastrofi.

All’epoca non c’era un movimento anti-voto deciso, e la sfiducia nella politica stava appena iniziando. Quindi al contrario di adesso, la mia opinione era poco popolare fra le schiere di attivisti politici di ogni bandiera.

Secondo i telegiornali, siamo sull’orlo dell’apocalisse. Morti, riscaldamento globale, guerre, epidemie. Mandano solo notizie negative perché il cervello umano è inconsciamente portato a prestare attenzione ai potenziali pericoli, e ignorare le cose belle: è un meccanismo di sopravvivenza evolutosi nell’antichità, quando imparare a scappare dalle tigri era più importante che apprezzare il profumo di un fiore.

Giacché i telegiornali vivono per fare audience, le belle notizie vengono scartate in partenza.

Andando ad approfondire invece, ci sono prove che stiamo andando verso un futuro straordinario.

Torniamo a noi: perché non voto? Iniziamo a parlare del perché le persone votano.

La trappola del “voto per cultura”

Sotto sotto, molte persone votano per questa ragione. Anche io, all’epoca, ero caduto nella trappola del “voto per cultura”.

Nella storia, il voto è stata l’espressione massima di civiltà e sviluppo culturale. Dall’agorà greca al senato romano, fino alla lotta per il suffragio universale, voto è sinonimo di cultura.

Questo retaggio dura ancora oggi, anche se le cose sono cambiate. Chi vota si sente in qualche modo più civilizzato, più acculturato e più intelligente perché sta esercitando un diritto che storicamente rappresenta libertà, intelligenza e cultura.

Inoltre, in politica si discute di cose importanti: economia, tasse, diritti umani, assistenzialismo sociale. Dibattere su cose del genere inconsciamente ti fa pensare “wow, ho una mia opinione sullo spread, sono intelligente”.

Tralasciando due aspetti importanti:

  1. Parlare di economia in base a quello che leggi sui quotidiani/internet fa venire da ridere/piangere a un qualsiasi economista.
  2. Queste opinioni non sono veramente tue.

Uso l’economia perché è quello che ho studiato, ma temo che valga per qualsiasi argomento: dar voce alla tua opinione su un argomento non ti rende più intelligente, se di quell’argomento non sai niente. Al massimo ti rende ridicolo. Sembra banale detto così, ma le argomentazioni che sento nei dibattiti di economia mi fanno capire che non è così.

Ma capiamoci: non sto dicendo che non si dovrebbe parlare di economia (al contrario, penso sia una delle 5 competenze fondamentali). Ma prima di parlare di un argomento complesso sarebbe bene informarsi (ti consiglio questo libro, che spiega concetti complessi in modo semplice).

Ora, il punto 2: se segui la politica con fervore e sei associato storicamente a qualche partito, ti sei mai reso conto che sei quasi sempre d’accordo con il tuo politico preferito, mentre l’opposizione non capisce niente?

Ti sei mai chiesto se è normale, o se forse c’è qualcosa che non quadra?

I politici sono bravi da una parte a dire quello che il loro elettore ideale vuole sentirsi dire, e dall’altra a  convincere il loro elettore ideale di quello che vogliono con i giusti giri di parole.

Prendiamo sempre l’economia come esempio. Se il tuo parlamentare preferito ti dice “bisogna azzerare il debito pubblico perché ripagare gli interessi rallenta l’economia” e tu lo ripeti al bar, ti senti più intelligente perché stai parlando di debito pubblico, economia e addirittura tassi d’interesse.

Ma stai solo ripetendo la filastrocca che hai sentito in TV senza sapere che annullare il debito pubblico è quasi impossibile, e porterebbe alla rovina. Ridicole invece le argomentazioni sul ritorno della lira, o le varie teorie del complotto sul signoraggio (ma lì si va oltre la politica).

Per queste ragioni non credo che la politica sia un argomento di grande spessore culturale. Non più che parlare dell’ultima puntata di Trono di Spade. La cultura (quella vera) te la fai in altri modi.

No, non sto disonorando i caduti per la libertà

Questa argomentazione, che ho sentito spesso, la metto sullo stesso piano del “finisci quello che hai nel piatto perché ci sono bambini in Africa che muoiono di fame”. Non c’è nessuna correlazione: che io finisca o no il piatto, ai bambini in Africa non cambia niente.

Allo stesso modo, che io voti o non voti, a chi ha combattuto per la libertà non gliene può fregare di meno. Al massimo, la loro memoria è insultata dai politici che mi tolgono ogni voglia di votare.

Il mio voto è importante

Questo ragionamento è valido per le elezioni comunali, dove con poche migliaia di abitanti un voto singolo potrebbe significare qualcosa. Ma con decine di milioni di votanti, l’influenza del singolo voto è ridicola.

Il che mi porta al prossimo punto:

Se tutti facessero come te…

“Se tutti facessero come te e non votassero, non avremmo più la democrazia.” Quindi alcuni mi additano come terrorista anti-democrazia o roba del genere.

Anche qui, non c’è nessuna correlazione. La mia decisione non influenza quella degli altri: che io voti o no, cambia poco. Se la democrazia in Italia deve finire, non sono così egocentrico da pensare che io sia stata la causa.

Non vado in giro con i volantini a promuovere il non-voto: ognuno può fare quello che crede.

Da qualche parte bisogna iniziare a cambiare l’Italia

Vero, ma:

  1. Dando il voto a un ladro piuttosto che a un altro non si cambia granché.
  2. Ci sono modi migliori per migliorare l’Italia.

Ad esempio, che ne dici di un po’ di volontariato? Aiuterai qualcuno in modo più influente che con il voto.

4 buoni motivi per non votare

1 – La politica è pubblicità

Una campagna elettorale, e la politica in generale, non è tanto diversa da una campagna pubblicitaria: trova il tuo cliente ideale, digli quello che vuole sentirsi dire e convincilo a comprare da te (votare per te).

Visto che mi sono specializzato in marketing e pubblicità, non faccio fatica a ritrovare i più comuni stratagemmi che ho studiato nelle comunicazioni dei politici. Quindi ignoro la forma e vado sulla sostanza, e ho scoperto che…

2 – Non esistono partiti meritevoli di essere votati

C’è chi dice di votare il “meno peggio”, ma oltre alle difficoltà a trovarne uno che possa elevarsi a questo status, io non mi accontento di votare chi mi ruberà un po’ meno degli altri.

Se e quando si presenterà un partito degno di essere votato, lo voterò. Fino ad allora, credo che non votare sia il miglior segnale per dire che ne ho pieni i cosiddetti.

3 – Mi piace essere felice

Il dibattito politico fra un esponente di Lega Nord e uno di Sinistra Ecologia e Libertà (credo si chiami così) difficilmente si prospetta pieno di intermezzi come “rispetto la tua opinione” e “la tua teoria è molto interessante e non mancherò di approfondirla”. Ho scoperto che incazzarsi non aiuta a raggiungere la tranquillità d’animo, per questo evito le discussioni di politica.

Piuttosto che perdere tempo a guardare il telegiornale e parlare di politica, due attività inutili che ti lasciano arrabbiato per ore, prova con una delle seguenti attività:

Tutte cose che sono più utili, o almeno più divertenti, che seguire la politica.

4 – Non voglio votare a caso

Quindi seguire la politica è un’attività inutile per la tua crescita, che non contribuisce alla tua cultura (meglio leggere un libro o seguire un corso online) e ti fa arrabbiare. Ergo, non lo faccio.

E senza sapere nemmeno che partiti ci sono in Italia, che senso ha andare alle urne?

Ma quindi io dovrei non votare?

Non è detto.

Ma come, dopo 1340 parole sul perché non votare, mi dici che dovrei votare?

Io mi sono accorto che non votando vivo meglio, sono più felice e ho più tempo da dedicare alle mie passioni. Non sto facendo un ragionamento assoluto, un “è sempre meglio non votare.”

Non considerare il voto un obbligo, o seguire il telegiornale un requisito per essere intelligente e acculturato. Non è vero: puoi essere intelligente e acculturato quanto vuoi anche se non sai il nome di tutti i partiti d’Italia, o chi ha ucciso chi questa settimana. La cronaca non è cultura, è cronaca.

Guarda il prossimo telegiornale e dimmi quanti avvenimenti in futuro potrebbero andare su un libro di storia: nessuno. I telegiornali sono rumori di fondo, i dibattiti politici hanno lo spessore culturale di Beautiful.

Prova a non seguire per 30 giorni i TG, quotidiani e blog d’attualità. Fregatene della politica, evita discussioni del genere con gli amici. Ne hanno già parlato Andrea e Alessandro (due blogger di spicco). Se passate 4 settimane ti accorgi che ti senti male senza politica, ricomincia pure. Ma non credo che succederà.