Il pericolo di essere normale

Immagina di essere un cacciatore, 20.000 anni fa, prima dell’invenzione dell’agricoltura.

Tu e il tuo clan vagate le foreste alla ricerca di cibo da raccogliere e cacciare. A mala pena vi basta per il sostentamento, l’unico modo di sopravvivere è cooperare.

La più grande calamità che ti può capitare è di essere escluso dal clan, che significherebbe morte sicura.

Quindi pensandoci un attimo, non è difficile capire perché l’uomo si è evoluto per essere conformista. Guardare quello che fanno gli altri, e ripeterlo. Cercare inconsciamente, sempre, di integrarsi nella realtà preesistente.

Lo facciamo tutti, chi più chi meno. Eccezioni estreme a parte (che, in quanto tali, io non considero mai nei miei articoli), ogni persona su questo pianeta cerca l’approvazione di un gruppo sociale. Anche l’anticonformista cerca l’approvazione degli altri anticonformisti, conformandosi al loro modo di rapportarsi con il mondo. Sembra un paradosso, in realtà è solo un istinto umano primordiale e naturale.

E seguirlo, da una parte, va anche bene. In pochi sono disposti a fare il salto e non interagire più con nessun essere umano, e cercare di farlo sarebbe sbagliato. In più, il bisogno di accettazione e uniformazione è alla base della nostra convivenza civile: è la ragione per la quale non vedi nessuno in giro nudo per strada quando fa caldo.

D’altra parte, non siamo più sulla Terra di 20.000 anni fa. Il cibo si trova al supermercato, essere esclusi da un clan non porta a conseguenze nefaste. Ma il nostro istinto è ancora lì, a dirci di uniformarci alle norme della società o del gruppo nel quale ci identifichiamo maggiormente. Il problema è che, qualunque sia il gruppo a cui fai riferimento, non sa quello che sta facendo.

Sei un cieco che segue un altro cieco

Tendiamo a pensare che gli altri abbiano un metro di giudizio migliore del nostro. Quindi nel dubbio, ci uniformiamo. Non devo stare qui a dirti perché non ha senso: gli altri, come noi, sono pieni di dubbi. E a prescindere da quanto sicuri appaiano, anche loro sbagliano. Spesso, più di quello che potresti fare tu se ragionassi con la tua testa.

Quindi seguendo gli altri non solo non stai alzando le tue possibilità di essere nel giusto, ma stai rinunciando all’importante capacità di decidere quale direzione far prendere alla tua vita.

Ripeto, certe convenzioni hanno senso. Vedi l’esempio del girare nudi per strada. Altre, invece, meno. La tua arma più importante è la domanda: “Perché?”

Per qualsiasi cosa esiste una spiegazione, un perché. Ogni tanto fermati, e fatti questa domanda.

Perché la gente non va in giro per strada nuda? Perché è una convenzione sociale, e se qualcuno lo facesse sarebbe come minimo processato per atti osceni. Quindi okay, convenzione sensata, facciamolo anche noi.

Perché la gente guarda i TG quando pranza e cena? Per restare aggiornata sugli eventi del mondo. Ma perché dovrei restare aggiornato sugli eventi del mondo? In più, siamo sicuro che l’informazione della televisione sia veritiera? Basta andare un attimo in profondità per rendersi conto che la convenzione di guardare il telegiornale non ha senso: ecco una cosa da non fare anche se è accettata come comune.

Fermarsi e pensare: un’abilità che non tutte le persone usano. Non essere superficiali nelle proprie decisioni, andare in profondità, chiedersi il perché e il come delle varie cose che succedono sul pianeta. Lo fanno in pochi, perché è difficile.

Molto più semplice seguire un pensiero comune, senza chiedersi il perché, e vivere la vita in base a uno standard noioso che, sinceramente, ti allontana dall’essere felice. E questo perché…

Nessuno sa cosa vuoi tu

Ti introduco il concetto di piramide di Maslow, un argomento di cui non ho trattato mai su Mindcheats ma che mi prometto di inserire più spesso in futuro (visto che condiziona ogni comportamento umano):

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Cerchiamo di realizzare prima i bisogni più in basso nella piramide, poi via via saliamo sempre più in alto.

In genere, i primi due livelli (fisiologia e sicurezza) sono sempre soddisfatti. L’appartenenza è quello di cui ho parlato in questo articolo: volere conformarsi a un gruppo. Il problema è che, ciò facendo, ci precludiamo l’accesso alla parte alta della piramide: stima e autorealizzazione.

Per essere felice, un uomo deve almeno arrivare al quarto livello. E se i primi tre gradini sono uguali per tutti, i concetti di autostima e realizzazione sono diversi per ognuno di noi. Per questo, se vuoi andare oltre il banale “mangio, lavoro ed esco con gli amici” e puntare a fare veramente qualcosa di più con la tua vita, non puoi affidarti agli altri. Devi iniziare a pensare con la tua testa.

Per definizione, se vuoi avere autostima e sentirti realizzato, devi fare qualcosa per conto tuo. Realizzare qualcosa di unico, uscire dagli schemi.

Questo è il pericolo dell’essere normale. È il pericolo di basare i propri comportamenti su quelli degli altri, o su quello che gli altri si aspettano.

L’ho detto in un sacco di articoli, ma continuo a ripeterlo perché nessuno, in realtà, riuscirà mai a liberarsi da questo schema inconscio. Perché l’inconscio, per definizione, è tarato nella nostra genetica. Io non ne sono immune, tu non ne sei immune. Chi pensa di aver superato questo limite è uno stupido o un illuso.

Più te lo ripeto, e più te lo ripeti tu nel corso della tua vita, meglio ti entrerà in testa. Con il tempo, prenderai sempre più decisioni tue e meno decisioni condizionate dagli altri. Ma soprattutto, imparerai una cosa importante:

Non c’è nulla di sbagliato nel non essere normale

“Tu non sei normale” non è un complimento diffuso.

È la reazione più comune che sento quando dico alle persone cosa ho fatto negli ultimi 3 anni, e quali sono i miei piani nei 3 che verranno. Un “tu sei matto” aggiuntivo è opzionale.

Ma non c’è nulla di sbagliato in questo.

Primo, perché essere normali è noioso. Non voglio vivere la mia vita facendo quello che fanno tutti,  perché solo io so cosa mi piace fare e quali sono le mie ambizioni.

Secondo, perché essere normali è una convinzione limitante. Se fossi convinto che il mio massimo potenziale sia un lavoro normale, tapperei la mia crescita personale ancora prima di iniziarla.

Perché “non essere normale” significa anche andare oltre quello che le persone normali fanno in una vita intera, raggiungere obiettivi che gli altri considerano impossibili. Il mio amico Alexander ha scritto un bell’articolo sui 5 rimpianti più grandi, e guarda caso, ruotano quasi tutti intorno al fatto di non aver osato vivere una vita meno normale.

Conformarsi poteva andare bene quando essere espulsi dal clan significava morte certa. Ora che rifiutare il pensiero comune ti può solo portare ad essere più felice, è il momento di combattere contro il nostro istinto di uniformarci a tutti i costi.