Scoperta la molecola dell’ottimismo

molecola organica a computer
Le molecole sono alla base dei processi chimici.

Soprattutto nell’ultimo periodo, la scienza ha fatto passi da gigante per quanto riguarda la psicologia e la neurologia, che ormai si stanno sempre più avvicinando ad altre materie come la chimica. È una cosa che io in effetti dico già da diversi anni: per quanto rimanga tutto avvolto sotto un fitto strato di nebbia, alla fine anche la neurologia e la psicologia vanno ricondotti a processi chimici che si sviluppano all’interno del cervello. A loro volta questi processi chimici sono regolati dal DNA, diverso per ogni persona.

In questa direzione si muove anche l’ultima scoperta dell’università del Michigan: l’ottimismo è strettamente legato alla presenza di una molecola chiamata neuropeptide Y, come dimostra l’esperimento che hanno eseguito. Quando messi di fronte a parole con significato negativo (come schiavitù o morte), i soggetti con una quantità inferiore del neuropeptide attivavano maggiormente l’area della corteccia prefrontale, l’area che processa le emozioni.

In altre parole, sembra che la presenza di questa molecola inibisca le emozioni negative, rendendo di fatto più ottimisti. In futuro questa scoperta potrebbe portare a importanti sviluppi sia nel campo della medicina che in quello della psichiatria, soprattutto nella cura di malattie quali la depressione.

Ma attenzione a non prendere questa scoperta come una condanna: per quanto sia adesso dimostrato che il pessimismo ha una base chimica, non è affatto detto che non ci si possa fare proprio niente a riguardo. Tutti gli studi effettuati nell’ultimo trentennio, che illustrano come sia possibile ribaltare il pessimismo in ottimismo, restano assolutamente validi. La mente è e resterà sempre l’aggregato di cellule più complesso esistente su questo pianeta, ed un qualsiasi effetto ha un numero sterminato di concause che vanno analizzate e sulle quali si può spesso intervenire.

Ricordo infine che, nonostante scoperte del genere si susseguano praticamente ogni giorno, la maggior parte del cervello e dei suoi processi restano comunque un mistero. La sperimentazione su base empirica fa quindi ancora la parte del leone, seguendo l’adagio del “se dimostro che funziona e come funziona, non devo per forza sapere il perché”.